Skip to main content

GORNJI VAKUF, UNA STRAGE DIMENTICATA

17 Aprile 2023
GORNJI VAKUF, UNA STRAGE DIMENTICATA

Beati i costruttori di pace

Vangelo di Matteo 5,9

Siamo nel 1992, trentuno anni fa, nei Balcani stava esplodendo uno dei conflitti più violenti del ventesimo secolo dalla fine della Seconda guerra mondiale; un conflitto che avrebbe interrotto la stagione della speranza e della pace, iniziata con la caduta del muro di Berlino, e avrebbe segnato il volto dell’Europa nei decenni a venire, portando alla dissoluzione della Jugoslavia e alla nascita degli stati indipendenti di Serbia e Montenegro. 

È nel 1992 che l’associazione di volontariato Beati i costruttori di pace, fondata nel 1985 da don Albino Bizzotto e da Alex Zanotelli, mette in piedi il progetto “Solidarietà di Pace a Sarajevo”, un’iniziativa che intende portare aiuti umanitari alla popolazione civile vessata dalla guerra e dalla fame in Bosnia-Erzegovina. 

Da qui si dirama la storia di un convoglio, che parte da Brescia, diretto a Sarajevo, e che da lì si dirigerà verso Zavidovići, in quello che è oggi un comune della Bosnia centrale; sul convoglio ci sono Alessandro Zanotti, il giornalista Guido Puletti, Christian Penocchio, Fabio Moreni e Sergio Lana, tutti operatori di pace, tutti giovani coraggiosi e pacifisti che avevano deciso di muoversi verso una terra martoriata per portare il loro aiuto.

I cinque volontari, nel dicembre del 1992, sono già arrivati a Sarajevo, insieme ad altri 500, nel cuore di una città assediata. Qualche mese dopo, nell’Aprile del 1993, dopo aver fatto tappa a Spalato, sono diretti verso Zavidovići, villaggio musulmano della regione. Sul convoglio ci sono i simboli della Caritas e la scritta Press, perché Guido Puletti è un giornalista. È su questa strada, la Diamond Route, la strada dei diamanti, che vengono fermati da milizie paramilitari, comandate da Hanefjia Prijić, detto Paraga. Il commando armato li conduce su una strada di montagna, facendoli deviare dal percorso prestabilito, e dopo avergli sequestrato i documenti, inizia a fare fuoco, in quella che possiamo chiamare un’esecuzione. Moreni, Puletti e Lana moriranno subito, mentre Zanotti e Penocchio riusciranno a salvarsi.

La vicenda non aveva precedenti, mai dei volontari europei erano stati uccisi in quel conflitto e le modalità, a sangue freddo e tutt’ora insensate, avevano reso ancor più eclatante l’avvenimento. Hanefjia Prijić verrà catturato e processato nel 2001, con una condanna a 15 anni di detenzione, poi ridotta a 13. Oggi, sulla strada dei diamanti, è posta una lapide in memoria dei tre volontari caduti nell’eccidio di Gornji Vakuf, una lapide edificata da Pietro Zanotti, fratello del sopravvissuto Alessandro.

È difficile trarre un insegnamento da storie tanto dolorose, che lasciano sicuramente dietro di sé interrogativi a cui è impossibile rispondere eppure è possibile guardare alle figure dei volontari per capire cosa significhi nonviolenza e perché abbia senso parlarne ancora oggi. 

Nel mondo frammentato e instabile che viviamo, la storia di uomini che decidono di partire da un territorio lontano, consapevoli della pericolosità del viaggio, del rischio che corrono, per portare aiuto ad altri uomini e donne in sofferenza, perché li vedono come fratelli e sorelle, perché sanno che il conflitto, anche se non visibile, li riguarda, ecco questa storia ci riguarda e ci interpella nel presente, chiedendoci cosa siamo disposti a fare e cosa siamo disposti a sacrificare in nome della pace e in nome della giustizia.

Francesco Petrella per la redazione

Rubriche
Appunti di vista
Lascia un commento

Rispondi

Rimani aggiornato con i nostri eventi
Iscriviti alla Newsletter di Appunti di Pace