EARTH OVERSHOOT DAY: AI LIMITI DELL’ANTROPOCENE

Ce la posso fare, ce la posso fare,
meglio di mio padre,
io ce la posso fare, cambiare.
La mia razza si estingue
Marracash & Cosmo – Greta Thunberg (Lo stomaco)
Nel 2020, subito dopo la diffusione della pandemia di Covid-19, il mondo mediatico ha cominciato un’incessante opera di rivalutazione dello stile di vita umano, ogni giorno articoli, sondaggi e opinioni hanno tentato di sottolineare come la situazione attuale fosse un sintomo della non-sostenibilità di un modus vivendi, tanto sconsiderato verso noi stessi quanto indifferente agli urgenti problemi ambientali. Sono passati tre anni: i ritmi pre-Covid sono raddoppiati e nel frattempo, conviviamo da più di un anno con una guerra. Sono i ritmi di una macchina che incessantemente consuma risorse per produrre beni per sé stessa. Quanto ci stanno costando questa indifferenza e questa mancanza di scrupoli?
Nel 2003, già spinta da queste domande, viene fondata la Global Footprint Network, un’associazione internazionale no-profit di ricerca e sviluppo sulla sostenibilità ambientale. È questa organizzazione che si occupa, da molti anni, di fissare la data dell’Earth Overshoot Day, ovvero il Giorno del sovrasfruttamento della Terra. Si tratta della data in cui l’umanità ha sfruttato l’interezza delle risorse producibili in un anno dall’ecosistema. Il calcolo comporta dei tecnicismi ma è facile: considerata la biocapacità del pianeta (la capacità di risorse che la Terra può rigenerare in un anno) la si fraziona in rapporto al fabbisogno annuale umano, moltiplicando il risultato della frazione per 365. In questo modo si sono ricavate le date di sovrasfruttamento dal 1971 a oggi. Possiamo immaginare come la situazione sia gradualmente peggiorata: se l’Earth Overshoot Day, nel 1971, era fissato al 25 dicembre, nel 2022 lo stesso è stato fissato al 28 luglio. Semplificando: dal 28 luglio 2022 l’umanità ha sfruttato già tutte le risorse naturali rigenerabili dal pianeta ed è andata in debito, iniziando a sfruttare le risorse del 2023; tra qualche mese, dunque, inizieremo a sfruttare quelle del 2024. A oggi, secondo gli stessi calcoli forniti dal Global Footprint Network, per sostenere lo sfruttamento umano ci vorrebbero 1,75 Terre.

Un’altra analisi interessante, sviluppata dalla stessa organizzazione, è il calcolo dell’Earth Overshoot Day per singolo Stato. Prendiamo in esame l’Italia: il giorno in cui abbiamo terminato le risorse a disposizione, nel 2022, è stato il 15 maggio; se l’intero pianeta vivesse come noi, ci vorrebbero 2,8 Terre. Gli indicatori evidenziano anche come i maggiori consumi constino nella produzione alimentare e nell’utilizzo dei trasporti. Il nostro Paese però, nonostante viva al di sopra delle proprie possibilità, è superato da Qatar e Lussemburgo (entrambi hanno avuto il loro EOD nel mese di febbraio) e da USA, Canada, Emirati Arabi, Belgio, Australia, Danimarca e Finlandia (con l’EOD nel mese di marzo): se tutti vivessimo così, di Terre, ce ne vorrebbero cinque.
Un dato che colpisce immediatamente, e che non sorprende del resto, è che gli Stati più inquinanti e meno virtuosi siano quelli ad alto reddito, con il 14% della popolazione mondiali che sfrutta il 52% delle risorse disponibili. È un rapporto speculare a quello che governa le diseguaglianze economiche del pianeta. Questi dati rendono chiaro che il problema sia non solo ambientale, non solo tecnico ma anche, e soprattutto, morale ed etico. Una parte, numericamente minoritaria, di persone ha da sempre soggiogato e sfruttato un’altra, esercitando un potere economico e, nel peggiore dei casi, militare. I resti di questa sopraffazione sono i pezzi che compongono l’attuale mondo, intrappolato nel paradosso di una polarizzazione radicata nella frammentazione.
Tuttavia, non è scontato né obbligato che certe forze continuino a operare in futuro. Innanzitutto, bisogna continuare a informare, su tutti i livelli, intervenendo con una politica ambientalista che crei una consapevolezza forte nelle nuove generazioni e che, contemporaneamente, sensibilizzi, per quanto possibili, le vecchie. Se entrambe le generazioni trovassero un punto di contatto e si adoperassero praticamente, nel quotidiano, per ridurre gli sprechi e l’inquinamento, il percorso verso la sostenibilità ambientale assumerebbe proporzioni importanti e non ignorabili. È anche con questo spirito che il Global Footprint Network ha elaborato un questionario multimediale per rendere consapevoli gli utenti su quello che è il loro stile di vita. Le fonti rinnovabili e le nuove tecnologie, se inserite in una politica chiara e visionaria, potranno portarci fuori o quantomeno, più lontani, da un futuro che ci appare tragico e confuso; non è impossibile riappropriarsene, rispettosamente, basterebbe solo non farsi trovare impreparati, ognuno consapevole del ruolo che ricopre e delle azioni coerenti con quel ruolo. Del resto, come si dice, ormai quasi scaramanticamente, non esiste nessun pianeta B.
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