PASSEGGIATA A VEIGAS

Nel passato, chiunque avesse attraversato il parco naturale di Somiedo avrebbe incontrato solo costruzioni con teitos de escoba (tetti di ginestra), che oggi sembrano così particolari e sono diventati un simbolo caratteristico del parco insieme all’orso.Eppure, fino a circa un secolo fa, le case somedane erano tutte costruite nello stesso modo: avevano le pareti in pietra (spesso una era direttamente formata dal monte su cui la casa veniva costruita), quattro stanze (cuadra, cocina, sala-habitación e pajar) e il tetto composto da fascine di ginestra secca, sostenute da una struttura in legno. Idealmente, ogni anno (al massimo ogni due) questo tipo di tetti dovrebbe essere manutenuto con un ulteriore strato di ginestra, senza togliere i precedenti, tagliando al massimo le parti dov’è cresciuto il muschio.

In questo modo, i tetti rimangono impermeabili e, inoltre, la loro forte pendenza fa scivolare via acqua e neve.
Nel corso del secolo precedente, i tetti di Somiedo hanno iniziato a cambiare: chi aveva le risorse economiche necessarie sostituiva i tetti di ginestra con le tegole, che hanno bisogno di minore manutenzione e garantiscono maggiore sicurezza. Infatti, i tetti di ginestra (o in generale quelli composti da materiali vegetali) hanno bisogno di essere il più secchi possibili per essere impermeabili e proteggere da acqua e neve, ma questo li rende molto più sensibili al fuoco e non sono rare le storie di interi pueblos del parco distrutti da incendi nel corso dei secoli.
Quindi, poco a poco, la struttura della casa caratteristica del parco è stata sostituita da una più moderna e meno suggestiva. Eppure, nel pueblo di Veigas, tra i monti somedani, si possono incontrare tre case tradizionali (le uniche tre sopravvissute al trascorrere degli anni), con i loro teitos de escoba originari. Attualmente, costituiscono una sede dell’Ecomuseo di Somiedo e chiunque arrivi a Veigas durante l’orario di apertura (se interessato) viene accompagnato in una visita indietro nel tempo, all’interno di queste tre case che portano i nomi delle ultime tre donne che le hanno abitate.
La prima casa in cui si entra è Casa Diotina, quella più in alto e anche quella che è stata abitata più a lungo, fino al 1985. È un po’ particolare come casa tradizionale: la stanza più in basso non è la stalla (cuadra), ma la cucina (cocina). Vicino all’ingresso, si può notare il forno, che veniva acceso solo una volta al mese ed esclusivamente per preparare il pane. Leggermente sopraelevata rispetto alla cucina, si trova la camera da letto (sala-habitación), con un letto e dei bauli e dei cesti per riporre vestiti e biancheria, ma anche strumenti di lavoro. Lo sguardo di chi è abituato alle case moderne può accorgersi dell’assenza di armadi, ma non appartengono alla tradizione somedana.
La stalla si trova leggermente più in alto rispetto alle altre due stanze e non c’è un passaggio interno: bisogna uscire per arrivarci. All’interno si possono vedere le mangiatoie delle mucche e un piccolo pollaio sopraelevato. È anche possibile salire una paio di scalini e vedere il pajar, che è la stanza sotto il tetto, la cui funzione era far seccare la ginestra, dopo averla raccolta. In ognuno di essi anche una finestra costruita appositamente per tirare dentro direttamente dalla strada la ginestra appena raccolta.

La visita prosegue nella seconda casa, che si chiama Casa Rosa. È stata abitata fino agli anni ’20, poi è stato abbandonata e ha sofferto il passare del tempo. Quando il comune di Somiedo l’ha comprata, ha deciso di fare una ristrutturazione, quindi il suo aspetto non racconta pienamente la sua storia: sembra molto ben conservata, assomiglia alla prima casa visitata.
Anche qui, la struttura non è tradizionale al cento per cento, perché, nel corso degli anni, i proprietari hanno ampliato la costruzione, aggiungendo una cucina (che prima era all’interno della camera da letto) con un tetto di tegole. Al suo interno, però, è possibile vedere come avveniva la cottura dei pasti con il fuoco a terra e la pentola che pendeva dal soffitto tramite una catena di metallo.
A differenza di Casa Diotina, qui la stalla si trova più in basso rispetto alle altre stanze, com’era tipico: infatti, in questo modo il calore degli animali riscaldava gli altri locali, che, per ovvie ragioni, non potevano avere un camino all’interno.

La terza casa si chiama Casa Flora ed è stata vissuta fino agli anni ’40, ma, a differenza della precedente, non è stata ristrutturata: il suo aspetto concorda maggiormente con la sua storia. Il caso vuole che sia anche l’unica tra le tre il cui tetto non è stato manutenuto quest’anno e che sia possibile notare del muschio che si è formato tra la ginestra secca. Nella manutenzione del prossimo anno sarà eliminato, ma attualmente contribuisce a dare una maggiore sensazione di decadenza e lontananza nel tempo.
Tra le tre, è la casa più povera: stalla, camera da letto e cucina non sono separate, ma sono in un unico locale. La stalla è vicina all’ingresso e, in questo caso, non c’è un pollaio, ma solo le mangiatoie; poco distante c’è il letto, il più vicino possibile al calore fornito dagli animali. Sulla sinistra, invece, si trova la cucina, anche qui con la pentola montata. In questa casa, come nelle altre due, è possibile notare molti oggetti tradizionali: ad esempio, una fascina di ginestra, che si utilizzava per pulire, oppure una sorta di cuscino (rodete) che si metteva in testa quando si andava a prendere l’acqua al fiume, per portare il contenitore senza farsi male oppure gli sgabelli tipici usati durante la mungitura.

Casa Flora è l’ultima delle tre case di Veigas e conclude la visita in questa sede dell’Ecomuseo di Somiedo e anche il nostro breve viaggio indietro nel tempo tra i teitos de escopa.

Tuttavia, le tre case di Veigas non sono le uniche strutture con teitos rimaste nel parco di Somiedo: sono le uniche case tradizionali che l’hanno mantenuto, ma questi tetti erano tipici anche delle cabanas nelle brañas, che, a differenza delle costruzione dei pueblos, hanno mantenuto la loro struttura originaria.
Quindi, passeggiando per i monti di Somiedo, incontrarne alcuni e vedere il paesaggio uguale a com’è stato nei secoli, con i tetti caratteristici somedani che si intravedono sui monti, diventa un’esperienza naturale, culturale ma anche un po’ mistica.
Irene
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