PRIGIONIERI POLITICI NEL MONDO E LA LORO LOTTA PER LA GIUSTIZIA

“Il pensiero critico è la capacità
di pensare in modo indipendente
e di mettere in discussione l’indiscutibile,
di sfidare lo status quo
e di rifiutare dogmi e superstizioni”.
Carl Sagan
In un mondo in cui si fa ancora fatica a concretizzare i valori della pace e della libertà, alcuni individui decidono di lottare per essi anche ad un prezzo molto caro.
Questi sono i “prigionieri di coscienza”, così come definiti dall’Amnesty International, un’organizzazione che dal 1961 opera in difesa dei diritti umani. Questa espressione indica coloro che vengono imprigionati, detenuti o puniti unicamente a causa delle loro convinzioni nonviolente, della loro razza, religione o affiliazioni politiche. Si rifiutano di rimanere in silenzio di fronte all’ingiustizia, spesso sfidando regimi oppressivi e sostenendo i diritti delle comunità emarginate. La loro unica arma per attuare il cambiamento è la resistenza non violenta, traendo ispirazione da personalità come Mahatma Gandhi in India e Martin Luther King Jr. negli Stati Uniti, comprendono la forza della protesta pacifica e della disobbedienza civile.
I prigionieri di coscienza diventano così, simboli di coraggio e ispirano le generazioni future a mettere in discussione ogni tipo di sistema oppressivo.
Nel corso della storia innumerevoli individui sono diventati prigionieri di coscienza e hanno lasciato una traccia indelebile nella società: Nelson Mandela, Aung San Suu Kyi e Liu Xiaobo sono solo alcuni esempi di persone che hanno sopportato la prigione per le loro convinzioni ma alla fine hanno trionfato, portando cambiamenti significativi nei loro paesi: Sud Africa, Myanmar (Birmania) e Cina.
Quando le voci degli attivisti assumono risonanza, il loro impatto può far nascere alcuni movimenti di sostegno, gruppi che appoggiano le loro stesse cause, idee e valori. Ma quando le attività di questi movimenti si scontrano con gli interessi del governo, esso può tentare di sopprimere e mettere a tacere le voci dissenzienti utilizzando la censura. Tuttavia, anche se la censura viene spesso giustificata come strumento per mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza del paese, essa crea paradossalmente tensioni e conflitti.
Sebbene nel corso della storia molti diritti umani siano stati conquistati, ancor’oggi la lotta per la pace e la giustizia sociale non ha smesso di essere di vitale importanza, come testimoniano le seguenti storie di detenuti politici da diverse parti del mondo.
Aleksej Naval’nyj è un importante attivista anticorruzione e leader del partito Russia del Futuro, da numerosi anni portavoce dell’opposizione al governo del presidente Vladimir Putin. Attraverso la sua Fondazione Anti-corruzione e la sua presenza online, egli ha indagato senza paura e smascherato funzionari di alto livello, mettendo in luce le loro ricchezze illecite e rivelando un sistema pieno di corruzione e appropriazione indebita. Nonostante i numerosi arresti e persino un tentativo di avvelenamento, nel corso degli anni ha dimostrato un impegno incrollabile, incontrando così l’assenso e il supporto dell’opinione pubblica, con conseguenti proteste di massa a suo favore. Nel febbraio del 2021, Naval’nyj è stato condannato a due anni e mezzo di carcere con l’accusa di violazione della libertà condizionale durante il recupero dell’avvelenamento. Organizzazioni per i diritti umani da tutto il mondo hanno chiesto il suo rilascio, sottolineando la necessità di proteggere la libertà di espressione, ma nello stesso anno la sua rete di sostegno viene definita estremista e di conseguenza bandita dal Tribunale di Mosca. Ad ottobre egli riceve il Premio Sakharov, il premio annuale per i diritti umani del Parlamento Europeo, ma esattamente un mese dopo viene dichiarato “terrorista” dalla commissione carceraria russa.
Il giovane attivista egiziano Patrick Zaky si interessa al tema dei diritti umani fin dall’infanzia, sviluppando la passione per l’uguaglianza e la giustizia sociale. Nel 2019 si trasferisce in Italia per seguire un corso di laurea magistrale sugli studi di genere e sulle donne presso l’Università di Bologna. Durante i suoi anni universitari ha iniziato a concentrarsi sulle questioni dell’uguaglianza di genere e dei prigionieri politici. Nel febbraio del 2020, prima che egli possa far visita alla sua famiglia in Egitto, viene arrestato presso l’aeroporto del Cairo. Le autorità egiziane lo hanno accusato di diffondere notizie false, di propaganda per il terrorismo e di incitare a proteste contro il governo attraverso i suoi post sui social media. Il suo arresto ha destato indignazione a livello internazionale: in Italia la CRUI (conferenza dei rettori delle università italiane) e altre reti universitarie da diversi paesi, hanno espresso solidarietà a Zaky, richiedendo la sua liberazione e definendo il suo arresto “arbitrario”. Nonostante le pressioni internazionali, Patrick rimane imprigionato in Egitto, con un processo caratterizzato da violazioni delle norme di procedura, fino all’8 dicembre 2021. La sua storia continua ad attirare l’attenzione sull’importanza della difesa dei diritti umani e sulla necessità che i governi rispettino il diritto alla protesta pacifica.
Ilham Tohti è un professore di economia presso l’Università Centrale di Pechino, in Cina, difensore dei diritti umani, a lungo si è battuto per i diritti della minoranza uigura nella regione dello Xinjiang. Egli stesso di etnia uigura, cercava di creare un dialogo pacifico tra la comunità uigura e il governo cinese. Nel 2006 fonda il sito web Uyghur Online, che viene chiuso due anni dopo. Anche nelle sue lezioni, parlava della necessità di dialogo e cooperazione tra cinesi Han e musulmani uiguri, per costruire una società armoniosa e inclusiva. Tuttavia, le sue attività di ricerca e le sue parole di critica al trattamento delle minoranze etniche hanno scatenato il risentimento delle autorità, che nello stesso periodo attuavano politiche repressive nella regione del Xinjiang . Nel 2014, Tohti fu arrestato dalle forze di sicurezza cinesi con l’accusa di separatismo, accusa molto grave in Cina, fu processato in un processo ingiusto durato solo due giorni e condannato all’ergastolo. Ilham Tohti è stato riconosciuto e premiato per il suo impegno ricevendo nel 2014 il Premio Martin Ennals per la sua lotta contro le discriminazioni, il premio Sakharov nel 2016 e il Premio Freedom to Write dell’Associazione degli scrittori PEN nel 2019.
Queste storie sono dei moniti sulla l’importanza di proteggere i diritti umani e la libertà di pensiero, e di non lasciare che la paura e l’oppressione silenzino le voci di coloro che cercano solo la pace.
Per la redazione
Roberta Branda
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