PROCESSO A JJ4
“Non bisognerebbe dire che l’anima è un’illusione, o un effetto ideologico.
Ma che esiste, che ha una realtà, che viene prodotta in permanenza,
intorno, alla superficie, all’interno del corpo,
mediante il funzionamento di un potere che si esercita
su coloro che vengono puniti”
Michel Foucault
La triste storia della morte di Andrea Papi, ventiseienne trentino di Caldes, ritrovato senza vita nella notte tra il 5 e il 6 aprile a causa delle ferite attribuite all’aggressione dell’orsa JJ4, purtroppo è ormai nota a tutti. Si tratta, infatti, del primo caso in Italia di attacco mortale da parte di un orso, che ha tragicamente portato all’attenzione nazionale un dibattito incredibilmente complesso che ha spaccato in due l’opinione pubblica.
Come è stato ampiamente riportato da diversi media italiani nell’arco dell’ultimo mese, il giovane runner sarebbe morto dopo essere stato aggredito in un bosco adiacente a una piccola cittadina in provincia di Trento durante una abituale sessione di allenamento. Poco dopo il ritrovamento del corpo, l’ordinanza di abbattimento dell’orsa emanata dal Tribunale amministrativo Regionale e fortemente sostenuta dal presidente della provincia di Trento Maurizio Fugatti, ha portato alla cattura, il 19 aprile 2023 dell’esemplare di diciassette anni.
Nella sua drammaticità, l’episodio ha rappresentato un’opportunità di riflettere su alcune dinamiche che coinvolgono gli abitanti del territorio limitrofo al parco del Brenta e che sono state fonte di un malcontento generale particolarmente sentito.
Nel territorio della provincia trentina, infatti, ventiquattro anni fa è stato messo in atto un progetto di reintroduzione dell’orso bruno dal nome LIFE URSUS, finanziato dall’Unione Europea e promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta, grazie al quale sono stati introdotti all’interno del parco, dieci esemplari di orso bruno al fine di scongiurare il pericolo di estinzione dell’animale. Il progetto, del resto, è andato a buon fine, dal momento che gli orsi, reintrodotti nella sicurezza del proprio habitat naturale, si sono ampiamente riprodotti, espandendosi capillarmente su tutto il territorio. Purtroppo però, questa espansione ha comportato anche una forzata convivenza tra popolazioni ursine e comunità umane, che sempre più spesso, nell’arco degli ultimi anni, si sono trovate a dover interagire andando a costituire una minaccia reciproca.
Certamente quindi, nell’analizzare l’intricata sequenza di eventi che ha portato alla tragica morte di Andrea Papi, non si può tacere la difficoltà degli abitanti dei comuni trentini che giornalmente si trovano a dover gestire una complessa coesistenza con animali selvatici la cui presenza è sempre più prossima alle abitazioni e che sempre più pericolosamente si affaccia alla dimensione quotidiana.
La complessità del dibattito sulla criticità di questa convivenza obbligata e così poco complementare, però racconta un percorso in cui l’attività umana si è affermata nell’arco di vari decenni decidendo indebitamente le sorti delle altre specie animali: dal lento percorso verso l’estinzione alla decisione di reintegrare gli esemplari di orso bruno in natura, l’uomo ha imposto arbitrariamente il proprio potere decisionale ritrovandosi, oggi, a fare i conti con le conseguenze delle proprie scelte.
Del resto, una ulteriore prova dell’attitudine dell’uomo di imporre allo spazio naturale la propria dimensione prettamente umana è stata la modalità attraverso la quale sono state attribuite delle categorie di colpevolezza all’animale accusato di aver ucciso Andrea Papi.
Come è stato fatto notare dalle tante realtà animaliste che si sono schierate contro l’ordinanza di abbattimento e di cattura di JJ4, è stato indetto un vero e proprio processo all’orsa, che ha trasportato il comportamento istintivo di un animale selvatico all’interno di una dinamica che ha più a che fare con il sistema giudiziario e penalistico umano che non con le normali dinamiche della natura dell’imputata.
L’orsa, ‘’arrestata’’ e attualmente reclusa nel centro faunistico del Casteller di Trento Sud, sembra essere in attesa della propria sentenza, che si gioca al ritmo della ricerca di prove, moventi e colpevolezza. Anche chi si pone in difesa dell’animale non sfugge a questa dinamica, provando a dimostrare l’intenzione di difesa dei propri cuccioli o, come riportano le ultime notizie delle perizie veterinarie, cercando di attribuire il ‘’reato’’ ad altri esemplari per scagionare JJ4. Anche quindi i suoi ‘’avvocati’’, che mirano ad ottenere la sua liberazione, non sfuggono alla tentazione di accusare un altro orso per dimostrare la sua innocenza, andando alla ricerca di un responsabile che possa affrontare al suo posto il giusto percorso di giustizia.
Insomma se le ultime perizie veterinarie dovessero dimostrare che le lesioni riportare sul corpo del giovane ventiseienne sono da attribuire a un altro esemplare, JJ4 sarebbe finalmente libera, perché il tribunale umano avrebbe finalmente definito che i suoi naturali 150 chili e i suoi artigli di circa 8 cm non rappresentano più un pericolo, dal momento che si sarebbe dimostrato che non lei, ma un suo simile, avrebbe voluto uccidere Andrea Papi. Inevitabilmente, comincerebbe la ricerca del vero colpevole.
La discussione, infatti, ad oggi sembra essersi incentrata proprio sulla colpevolezza dell’orsa, facendo di lei un soggetto suscettibile di giudizio da parte del tribunale degli uomini, discorso che oltre ad attribuirle un nuovo grado di pericolosità, tende a minimizzare quella che è l’effettiva minaccia per gli orsi rappresentata dall’uomo stesso.
Nel delirio di onnipotenza umana, anche gli animali diventano soggetti giuridici, le cui azioni devono essere valutate a partire da un sistema che mette in correlazione intenzione, colpa e pena. Così, nascondendosi dietro alla giustificazione del tema della sicurezza e dell’ incolumità pubblica, l’uomo sta attribuendo la propria lettura della responsabilità dell’azione e le proprie categorie di giusto e sbagliato a un essere vivente che non condivide le regole di tale sistema e che ora viene trattato a tutti gli effetti come un criminale. Un criminale cha ha rotto un patto e infranto una legge del quale non era stato informato e che per questo va punito.
Una importante lezione su quanto accaduto, viene proprio dai genitori di Andrea Papi, che si sono posti in prima linea per sottolineare che l’abbattimento dell’orsa non rappresenterebbe alcun atto di giustizia e che i veri responsabili dell’accaduto vanno ritrovati altrove, dimostrando come l’attenzione mediatica sull’animale sarebbe un tentativo ‘’troppo comodo’’ di non ammettere la responsabilità di natura umana, di chi troppo spesso ha ritenuto di poter portare soluzioni facili per riparare i propri danni.
Per la redazione Jessica Eterno
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