Il Jazz Come Strumento Alla Lotta Per I Diritti Civili
La storia del jazz come genere musicale affonda le sue radici nella lotta per i diritti civili della comunità afroamericana negli Stati Uniti infatti, le prime tracce sulla nascita di questo genere musicale risalgono al Ventesimo secolo e lo collocano a New Orleans. Dato che non ci sono fonti certe circa il periodo di nascita di questo genere musicale, questo genere viene fatto risalire ai canti di lavoro degli aframericani deportati negli Stati Uniti e schiavizzati.
Il vero sviluppo di questo genere musicale viene datato a partire dal 1915 e fino al 1940, per poi avere il suo boom negli anni Sessanta in contemporanea con il tumulto della lotta per i diritti civili.
La migrazione della comunità afroamericana dal Sud al Nord del paese in cerca di una vita migliore tra il 1910 al 1920 fece sì che questa regione venne presa d’assalto anche da tanti musicisti che hanno favorito lo sviluppo del jazz.
Difatti, il decennio tra il 1920 e il 1930 viene solitamente definito come “l’epoca d’oro del Jazz”, anche grazie all’arrivo nella città di Chicago del musicista King Oliver. Quest’ultimo identificato come il pioniere del Jazz e mentore di Louis Armstrong, uno dei più famosi jazzisti della storia odierna. Il momento di massimo sviluppo del Jazz fu a partire dalla fine degli anni Cinquanta e per tutto il decennio successivo, dove il fervore per la lotta dei diritti civili ne fece da padrone.
Infatti in quel decennio, il jazz divenne il sottofondo delle marce organizzate per chiedere a gran voce l’eguaglianza dei diritti tra bianchi e afroamericani e la tanto desiderata desegregazione del paese.
Un esempio di quanto detto è un discorso di Martin Luther King, pronunciato nel 1964, in occasione del Berlin Jazz festival.
Nel suo discorso il leader dei movimenti civili si soffermò sul valore della musica jazz per la diffusione del movimento: “Il jazz parla alla vita. Il Blues racconta la storia delle difficoltà della vita, se ci pensi per un momento ti rendi conto che prendono le realtà più difficili della vita e le mettono in musica, solo per far uscire fuori una nuova speranza. Questa è musica trionfante. Non c’è da stupirsi che così tanto della ricerca d’identità dei neri americani sia stata sostenuta da musicisti jazz. Molto prima che i moderni saggisti e studiosi scrivessero dell’identità razziale, i musicisti stavano tornando alle loro radici per affermare ciò che si stava agitando nelle loro anime.
Gran parte del potere del nostro movimento per la libertà negli Stati Uniti viene dalla musica. E ora il jazz viene esportato nel mondo. Perché nella particolare lotta del nero in America, c’è qualcosa di simile alla lotta universale dell’uomo moderno. Tutti hanno il blues. Tutti aspirano al significato. Tutti hanno bisogno di battere le mani ed essere felici”.
Inoltre, l’anno prima, dinanzi al Lincoln Memorial, Martin Luther King, nel suo celebre discorso “I have a dream”, scandì le frasi con numerose ripetizione che sembrano ricalcare la canzone del musicista jazz Charlie Parker, proprio ad evidenziare il legame tra il genere musicale e la lotta per i diritti della comunità afroamericana.
In questo senso è evidente il ruolo della jazz in quel periodo: la musica non viene intesa come momento di intrattenimento ma, negli anni delle lotte per i diritti civili, il jazz in particolare diventa un promotore di cambiamento sociale, di lotta, di volontà di buttare giù tutti i pregiudizi e i muri che caratterizzavano la società e vivere in maniera libera, armoniosa e felice.
Per la Redazione
Cristina Castro
Charlie Parker- Now’s the time
Rispondi