IL LASCITO DI MARSHALL MCLUHAN: UNA LENTE DI INGRANDIMENTO SULLA COMPRENSIONE DEI MEDIA
“Una volta che abbiamo consegnato i nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie e i nervi, in realtà non abbiamo più diritti. Cedere occhi, orecchie e nervi a interessi commerciali è come consegnare il linguaggio comune a un’azienda privata o dare in monopolio a una società l’atmosfera terrestre.”- Understanding media
Questa citazione riassume in poche righe il pensiero avveniristico della mente fine del sociologo canadese Marshall McLuhan.
Per i più profani nel mondo della comunicazione e dei mass media, il nome di McLuhan potrebbe non dire nulla, ma quest’uomo ha con i suoi scritti e con i suoi studi aperto le porte ad una riflessione fondamentale e in qualche modo premonitrice del mondo in cui viviamo.
Per comprendere, però, davvero in cosa McLuhan rivoluzionò l’approccio ai mass media, bisogna fare un passo indietro e prendere come esempio la semplice lampadina elettrica, questa, nonostante non porti con sé un messaggio, a meno che non sia posta sottoforma di insegna luminosa, si può considerare come uno dei media, ovvero una tecnologia, che ha rimodellato completamente l’interazione tra le persone e ha cambiato per sempre le nostre forme mentis. Tenendo a mente ciò, è con questa modalità che McLuhan riflette sull’effetto che ogni media provoca sugli individui e sulla società stessa e che si riassume con il famoso mantra mcluhaniano di “il media è il messaggio”. Questa frase molto spesso traviata e più volte ripresa è lo slogan che nel tempo si rivela sempre più vero e fondamentale nell’interpretazione dello sviluppo delle piattaforme di comunicazione. In uno dei suoi scritti più celebri, infatti, McLuhan afferma come il punto focale non sia tanto il messaggio ma quanto più il medium che plasma la nostra esperienza e il nostro modo di pensare.
Ogni novità dunque in campo tecnologico, sia riferibile ai mezzi di comunicazione veri e propri che non, interagisce con le altre tecnologie già esistenti “amplificandone o accelerandone i processi, generando un cambiamento di scala, di forme e di paradigma nelle associazioni, gli affari, e le azioni umane… cambiamento che ha quasi sempre conseguenze psichiche e sociali molto rilevanti” come dice lo stesso McLuhan. Un esempio è l’invenzione della stampa a caratteri mobili utilizzata per la prima volta in Cina nel 1041 dall’inventore Bi Sheng e arrivata in Europa grazie al tedesco Johannes Gutenberg fra il 1453 e il 1455. Questa tecnica ha rivoluzionato il mondo di quel tempo, e non solo, non tanto grazie ai contenuti dei libri stampati che sono stati diffusi, quanto più per l’effetto della fruibilità della parola scritta che ha portato fino all’alfabetizzazione di massa dei nostri tempi.
La tecnologia, dunque, da mezzo “neutrale”, per il sociologo passa ad essere mezzo incisivo sulla stessa fisicità dell’uomo. McLuhan vede ogni media come estensione del corpo umano come dice lui stesso in Understanding media: “Con il telegrafo, l’uomo occidentale ha iniziato ad allungare i suoi nervi fuori dal proprio corpo. Le tecnologie precedenti erano state estensioni di organi fisici: la ruota è un prolungamento dei piedi; le mura della città sono un’esteriorizzazione collettiva della pelle. I media elettronici, invece, sono estensioni del sistema nervoso centrale, ossia un ambito inclusivo e simultaneo. A partire dal telegrafo, abbiamo esteso il cervello e i nervi dell’uomo in tutto il globo.”
A tale visione però, McLuhan aggiunge anche un avvertimento, affermando che ad ogni estensione corrisponde anche un’amputazione. Riprendendo così il mito di Narciso che finì per cadere in acqua ammirando il riflesso della sua estensione, così noi uomini siamo costretti, secondo il massmediologo, a intorpidire i nostri sensi per non soccombere alla continua stimolazione a cui siamo sottoposti da parte delle nostre estensioni, ovvero i media.
Riprendendo un’altra famosa teoria del pensiero mcluhaniano i media non sono tutti uguali, ma seguendo la classificazione del jazz degli anni ‘50 che si distingue in Hot e Cool a seconda della libertà di improvvisazione a cui sono soggetti i musicisti, alla base del ragionamento del sociologo canadese i media si differenziano in caldi e freddi in base al grado di partecipazione che richiedono da parte di chi li utilizza. Questa sua teoria facilmente contestabile alla luce delle nuove tecnologie, si fa portavoce di una visione secondo la quale alle volte possiamo essere soggetti completamente succubi delle tecnologie che ci circondano. Basti pensare agli algoritmi dei social media che tendono a proporci contenuti in base alle nostre preferenze e ai nostri comportamenti, creando così delle camere di risonanza a cui siamo esposti con informazioni e opinioni che confermano le nostre convinzioni pregresse.
Sorge dunque spontanea la riflessione sull’effetto che i media, e più in generale tutti i sistemi computerizzati, hanno oggi su di noi esercitando una forza fisica e a volte determinando i nostri comportamenti. Il merito di McLuhan, dunque, non è tanto quello di aver per primo proposto delle teorie sul ruolo che la tecnologia ha all’interno della nostra società, quanto piuttosto nell’averci fornito un metodo critico di riflessione verso questo mondo che anche ai nostri giorni è in larga espansione e più che mai occupa gran parte della nostra vita quotidiana.
Un pensiero critico che ci permette così di scegliere liberamente quanto noi vogliamo essere direttamente succubi o meno dei media che ci circondano.
Per la Redazione
Sara Palumbo
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