DONNE E SCIENZA

IL MANCATO RICONOSCIMENTO DEL RUOLO NEL PROGRESSO SCIENTIFICO
Le migliori intelligenze sono, per natura,
sempre e ovunque ribelli al potere
IDA MAGLI
L’11 febbraio ricorre la Giornata Internazionale delle donne e ragazze nella scienza, giornata istituita nel 2015 dall’ONU, per evidenziare la disparità di genere e salariale che continua a colpire il genere femminile in molti ambiti lavorativi.
L’istituzione di tale ricorrenza offre anche la possibilità di sottolineare il ruolo delle donne nel progresso scientifico, – ruolo socialmente IL sottovalutato per mere questioni culturali.
Non si può trascurare il problema della repressione sociale esercitato sulla donna nella società maschilista e capitalista, questione già sollevata da Rita Levi Montalcini nel ‘900, poco prima che vincesse il Nobel per la medicina, nel 1986.
L’ONU non ha mancato di pubblicare alcuni dati che riguardano la partecipazione femminile, in ambito accademico, alle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica). Gli studi dell’ONU evidenziano come le donne rappresentino solo il 28% dei laureati in materie ingegneristiche e il 40% tra coloro laureati in informatica, inoltre solo il 33,3% delle ricercatrici universitarie è donna, a volte con borse di studio inferiori a quelle dei colleghi uomini. Questo è uno dei motivi che ha portato la CSW (Commissione sullo status delle donne) ad adottare, nel 2013, una risoluzione su Scienza, Tecnologia e Innovazione per lo Sviluppo, nel tentativo di favorire la parità di genere in campo scientifico e permettere un accesso equo alle risorse per gli studi e i lavori.
Le nuove ondate di femminismi sono sicuramente uno dei viatici a disposizione per ribellarsi contro una struttura sociale globale che, per troppo tempo, ha confinato, oppresso, minimizzato e alterato i risultati ottenuti da donne in ogni campo, a partire da quello scientifico. Va anche detto che certe esperienze degli ultimi anni hanno rappresentato uno scarto rispetto a questo sistema, facendo sì che figure femminili fossero preminenti in alcuni ambiti. Voglio solo citare Fabiola Giannotti, direttrice generale del CERN di Ginevra, Samantah Cristoforetti, pilota dell’accademia aeronautica e prima donna italiana nello spazio, Andrea Ghez, astronoma che ha dimostrato la presenza di un buco nero supermassivo al centro della Via Lattea.
La lista, per fortuna, potrebbe proseguire per qualche pagina.
Il problema che rimane da affrontare è quello di una visione maschilista che continua a perpetrare, soprattutto su queste figure appena citate, uno sguardo stupito e d’ipocrita ammirazione. Ogni campo di studio, umanistico o scientifico, necessita di modelli: i modelli ispirano, aprono nuove vie e sono maestri imprescindibili; i modelli però, sono anche distanti, quasi intoccabili e dati per scontati.
Auguro che questi modelli siano solo ispirazione e sprone per iniziare a progettare un modello sociale e professionale davvero equo, e non equamente sponsorizzato, e davvero paritario, non un’iniqua questione di accessi facilitati prima e accertate diseguaglianze poi.
C’è ancora tanto da lavorare per raggiungere questi obiettivi e tanti paesi europei si stanno muovendo in tale direzione; bisogna lottare per fare che questo cambi anche in Italia dove, citando di nuovo Montalcini, si vive bene ma si lavora male.
di Francesco Petrella
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