EDERLEZI
UN CANTO DI RISCATTO DI UN INTERO POPOLO

L’8 aprile è la Giornata internazionale del popolo Rom.
E’ una ricorrenza che non tutti conoscono ma che ha un’importanza centrale, soprattutto in risposta alle tante discriminazioni subite nel passato, ma purtroppo ancora nel presente, dalla popolazione Rom.
L’obiettivo della Giornata è quello di dare dignità alla cultura Rom, ma soprattutto è utile per sensibilizzare sulle tante ingiustizie che negli anni si sono susseguite a danno di questa popolazione.
Durante la Seconda Guerra Mondiale vi fu un vero e proprio massacro di persone Rom e Sinti, chiamato Samudaripen, in centinaia di migliaia vennero sterminati sotto il dominio nazifascista.
I numeri precisi non sono disponibili ma le stime parlano di almeno 500mila persone.
Nel 1971 si svolse a Chelsfield, il primo Congresso Mondiale del popolo Rom, che vide partecipare diversi attivisti e intellettuali, che contribuirono ad affermare la propria cultura.

Da quel Congresso nacque la Romani Union, la prima associazione mondiale dei Rom, riconosciuta dall’ONU nel 1979.
L’International Romani Union (in Romanì: Romano Internacionalno Jekhetanipe) un’organizzazione attiva per i diritti dei rom ed ha sede a Praga.
In Italia vi è poi l’UCRI (Unione delle Comunità Romanès in Italia), che rappresenta la più grande organizzazione formata da Rom e Sinti in Italia a sostegno della Cultura Romanì.
ROM significa in lingua Romanes “uomo”, al femminile romnì; altri termini sono Sinto, Manouche, Kalo, Romanichal.
I Rom in Italia sono circa 180.000 e no, non vivono nei campi.
Vivono nei “campi nomadi” circa 20.000 persone.
Le persone Rom non sono nomadi, è vero che storicamente tantissimi sono stati costretti a fuggire dalle guerre e dalle persecuzioni.
L’analisi della lingua ha contribuito a comprendere non solo le origini ma anche i loro percorsi di viaggio: vi fu una forte migrazione interna, prima dell’anno 1000, dalle regioni centrali dell’India settentrionale; un esodo che proseguì verso la Persia, l’Armenia e l’Impero bizantino.
La lingua Romani è un riflesso della storia e della cultura di questa comunità.
Gli antenati della popolazione Romani hanno lasciato le proprie case per fattori più tragici, non per una semplice passione per il nomadismo.
Dal 986 i domini indiani furono occupati per ordine del leader musulmano Subuktigin.
Furono attaccati i territori dell’India centro-settentrionale per circa diciassette volte tra il 1001 e il 1027.
Le incursioni dei Persiani non coinvolsero solo i templi indiani, ma deportarono anche diverse persone tra cui bambini, artisti, soldati, carpentieri, orafi, marmisti, armaioli, pittori, minatori e artigiani.
Gli antenati degli odierni Rom furono travolti da questi eventi storici.
Purtroppo la sottomissione e l’oppressione della popolazione sarebbe dovuta finire in Europa, ma invece è andata avanti per molti secoli.
La scienza ha rivelato relazioni tra la popolazione Rom, Indiani e Pakistani, sono stati trovati tre marcatori genetici che indicano la prima scissione del bacino genetico originale che avvenne intorno al tredicesimo secolo.
La popolazione è composta da 5 gruppi principali: Rom/Roma, Sinti, Calè/Kalè, Manouches, Romanichals.
Le diverse comunità, sparse in tutti i continenti, parlano una variante dialettale della lingua romanì. Ogni gruppo è suddiviso in comunità differenti tra loro.
La Cultura Romani è ricca di sfumature che ne costituiscono la sua vera ricchezza.
Tante varianti di dialetti, di folklore, di arte, tradizioni, etica, credenze e consuetudini che sono state acquisite nelle esperienze di un continuo viaggio che si è sviluppato nei secoli. Un’infinità antropologica, transnazionale, una sorta di mosaico etnico affascinante.
La lingua romanì condensa l’identità e la storia della popolazione Rom.
Nel cammino dall’India verso l’Europa il romanì si è arricchito con l’incontro con altre lingue.
In tutti i dialetti vi sono 800 vocaboli di origine indiana, 70 persiani, 40 armeni, 250 tratti dal greco.
La lingua rappresenta la cultura di un popolo millenario, riconoscerne la lingua, significa riconoscere un popolo.
Gli studi dividono le comunità in tre gruppi linguistici, corrispondenti a tre gruppi differenziati in Europa:
- Sinti e i Manouche, che vivono in Francia, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Germania;
- comunità Romanes, che vivono nel sud della Francia, in Spagna e Portogallo;
- popolazioni che vivono principalmente nell’Est d’Europa, in Medio Oriente, in America e in Australia.
La lingua Romanì prevalentemente viene trasmessa per via orale ed è frammentata in una serie di dialetti. Negli ultimi decenni si è provveduto a crearne una versione standardizzata, comune e con un’unica grafia; questo per permettere l’interpretazione della lingua nelle conferenze internazionali con traduzione simultanea.
Dopo secoli di repressione e annullamento identitario il 5 novembre 2015 l’UNESCO ha annunciato anche la Giornata Mondiale della Lingua Romanì.
L’Europa ha quindi iniziato a riconoscere la Lingua Romanì – che in Italia però non è riconosciuta – e quindi non gode di alcuna forma di tutela a livello nazionale, nonostante una significativa presenza.
Il presunto nomadismo è stato utilizzato per escludere le comunità romanì dai benefici della legge 482/1999, che tutela le minoranze linguistiche storiche, cioè le comunità che, pur essendo italiane a tutti gli effetti, parlano una lingua diversa.
La popolazione romanì è a tutti gli effetti una minoranza linguistica storica non riconosciuta.
“Noi non siamo borseggiatrici – basta con gli stereotipi degli zingari brutti e cattivi” è uno dei titoli che si leggono sui social in occasione della Giornata.
Quando si parla dei Rom, non si considera mai l’intera comunità, ma si parla solo di una minoranza. In troppi pensano che tutti i Rom siano ladri, ancora oggi.
Per fortuna c’è chi prova a testimoniare e raccontare la realtà, fatta di tante storie, di persone, di attivisti che hanno voglia di combattere questa narrazione discriminatoria.
Prova a farlo per esempio Sofia Sadiki, che tramite Instagram e tiktok fa conoscere la storia e le caratteristiche del popolo Rom.
“+ Rom – Rum” è il nome del suo podcast, che ribalta una nota frase razzista, per raccontare con determinazione esperienze di cultura, arte, resistenza, memoria e attivismo.
Nelle puntate del Podcast si affrontato tanti argomenti e tematiche, che meritano di essere approfondite per combattere gli stereotipi, qui il link a spotify per ascoltare gli episodi: https://open.spotify.com/show/0aET88SEMgC5Npr7Ic9AlJ
La comunità Rom e Sinti è sommersa da narrazioni distorte e stereotipate, che alimentano un razzismo dilagante che ancora oggi inquina la nostra società.
E’ importante dare voce a chi si impegna per offrire una narrazione autentica e libera dai pregiudizi.
Morena Sadachbìa scrive:
“L’8 Aprile non è solo una data, è il promemoria che non basta, che rom e sinti vanno inclusi in ogni realtà antirazzista e in ogni rete di resistenza di questo paese”.
Questo è l’auspicio per questa Giornata.
EDELREZI è il nome di una canzone popolare tradizionale in lingua romaní.
Il titolo riguarda la festività serba di Đurđevdan chiamata in romanì appunto Ederlezi, che celebra la primavera.
Si tratta di una festa molto sentita dai Rom nei Balcani e in ogni parte del mondo.
Il termine deriva probabilmente dalla parola turca Hidirellez, che a sua volta indica un’antica festività turca che si svolge circa un mese dopo l’equinozio di primavera.
Il termine Hidirellez indica la rinascita della natura e il ritorno della primavera.
Questa canzone, se si considera il passato e la sofferenza subita da tutta la comunità, assume un messaggio denso di significato, di voglia di affermazione e di riconoscimento.
Un canto di riscatto di un intero popolo.
Damiano Di Giovanni per la Redazione
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