IL LINGUAGGIO
Il linguaggio è l’insieme dei codici simbolici (di natura verbale o non verbale) che permettono di trasmettere, conservare, elaborare informazioni.
Pur essendo una manifestazione unica di capacità cognitiva e interazionale, il linguaggio non è un sistema di simboli o segni isolato, bensì si intreccia a molte altre condotte non verbali, per completare la trasmissione del messaggio, o per chiarirlo.
Il linguaggio è lo strumento principale di comunicazione, cioè l’insieme dei suoni, gesti e codici che permettono non solo agli esseri umani, ma anche agli animali e persino al mondo della tecnologia di scambiarsi informazioni e di interagire.
Esistono dunque diversi tipi di linguaggio: dal cinguettio degli uccelli ai linguaggi di programmazione dei computer.
L’homo sapiens sapiens è l’unico essere vivente ad aver sviluppato linguaggi basati su una serie di codici simbolici astratti: l’alfabeto. I simboli o segni utilizzati (suoni per la lingua parlata o immagini per quella scritta) sono detti significanti, in quanto rimandano a un concetto, che è il loro significato.
Il linguaggio si distingue per due proprietà fondamentali e universali:
1. Arbitrarietà, per cui si tratta di sistemi convenzionali, cioè basati su accordi tra coloro che comunicano.
2. Produttività, o ricorsività, per cui è consentito introdurre nuovi simboli e rinnovare il linguaggio in maniera creativa e sempre nuova (di recente basti pensare all’introduzione di “petaloso”)
Il linguaggio umano è un sistema estremamente complesso e come tale deve appoggiarsi a strutture specializzate per poterlo gestire.
Alcune di tipo fisiologico (l’apparato fonatorio, l’apparato auditivo, il cervello ed il sistema nervoso); altre sono più propriamente «mentali» o cognitive come la memoria.
Il linguaggio si sviluppa in stretta connessione con la memoria.
L’informazione sensoriale entra in un apposito registro (il «registro sensoriale» in cui risiede la memoria iconica, quella legata al riconoscimento delle immagini) in cui viene mantenuto per un tempo brevissimo. Alcune di queste informazioni vengono scartate, altre invece sono trasferite nella «memoria a breve termine», parte delle quali è poi salvata, in genere dopo essere stata adeguatamente esercitata, nella «memoria a lungo termine», mentre un’altra parte viene definitivamente persa (da qui, il cosiddetto oblio).
Seguendo la via contraria, invece, le informazioni sono recuperate dalla memoria profonda, trasferite nella memoria operativa, e poste in esecuzione. Particolarmente interessante è che la memoria operativa sembra coincidere con la consapevolezza e con quello che chiamiamo di solito «coscienza», mentre la memoria a lungo termine ha più le caratteristiche dell’«inconscio».
Molti autori si sono occupati dello sviluppo del linguaggio, uno dei più noti è Chomsky. Quest’ultimo avviò gli studi sulla psicolinguistica: la scienza che studia le regole che governano la produzione del linguaggio, le conoscenze che il parlante-ascoltatore deve possedere per poter usare correttamente la propria lingua ed essere in grado di poter produrre ed usare frasi all’infinito. Chomsky parla di linguistica generativa cioè sottolinea l’uso creativo del linguaggio tramite l’acquisizione delle regole della lingua madre. Secondo Chomsky vi è una predisposizione innata, genetica ad acquisire e ad apprendere qualsiasi lingua. Il bambino apprende le regole grammaticali della lingua particolare a cui è esposto vivendo in un dato ambiente.
Interessante è la teoria del doppio legame studiata nel rapporto madre-bambino. Ad esempio se la madre comunica un messaggio con un codice verbale ed un altro messaggio non verbale che lo contraddice, crea una situazione schizofrenogenica. Per il bambino è molto più importante il codice non verbale che è il primo codice che si comprende mentre quello linguistico viene appreso successivamente. Creando una incompatibilità tra i due messaggi ed il bambino si ritrova a non sapere a quale codice rispondere.
Uno dei più importanti teorici del linguaggio è Ferdinand de Saussure. Egli definisce il linguaggio considerando due facce dello stesso termine: come sistema in sé oppure nelle singole manifestazioni materiali. Il primo livello, definito da Saussure «langue» (lingua), indica la parte sociale, l’aspetto istituzionale della lingua, cioè la sua dimensione «statica», fissa, immobile. Il secondo, definito «parole» (parola), costituisce invece il fenomeno linguistico inteso nel suo aspetto dinamico, individuale, creativo, quello cioè soggetto alle mutazioni ed alle trasformazioni nel tempo.
Ricerche cliniche successive, hanno però insegnato che le aree del cervello coinvolte dall’attività linguistica sono soprattutto altre, nell’adulto di solito localizzate nel solo emisfero sinistro (anche se questa «lateralizzazione» non è assoluta: nel bambino entrambi gli emisferi sono coinvolti, e solo gradualmente si specializza il sinistro), in particolare l’area di Broca e l’area di Wernicke.
Studi recenti rivendicano un ruolo ancora più importante all’area di Broca, che è risultata coinvolta nell’uso delle regole effettive della lingua, ma non in quelle «finte» inventate dai ricercatori: ruolo che la candiderebbe a principale sede del linguaggio.
Per la teoria della selezione naturale, il linguaggio non è altro che il semplice risultato dell’evoluzione dei sistemi di comunicazione animale, ma ciò non toglie che esso sia divenuto qualcosa di unico, un modulo distintivo del funzionamento mentale dell’uomo.
Per la redazione
Alessia Giurintano
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