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GHERASIM LUCA – L’ETICA FONETICA

10 Marzo 2023
GHERASIM LUCA – L’ETICA FONETICA

Per il rito della morte delle parole

scrivo le mie grida

le mie risa più che folli: false

e la mia etica fonetica

la getto come un sortilegio

sul linguaggio

Gherasim Luca

1988. Uno sfondo bianco si srotola lentamente.

Prima due piedi, poi due gambe, poi un corpo intero vestito di nero.

Compare un uomo dall’aria innocua. 

Sfondo bianco, pagine bianche. L’uomo comincia: ‘’Le désespoir a trois paires de jambes, le désespoir a quatre paires de jambes’’… “La disperazione ha tre paia di gambe, la disperazione ha quattro paia di gambe”.

In piedi, da solo al centro di un luogo candido e opaco, Gherasim Luca recita le sue poesie e sembra non accorgersi degli occhi della telecamera di Raoul Sangla che lo fissano insistentemente per quasi un’ora. 

Si sente una sola voce, la sua, balbettare con una calma incoerente parole che si costruiscono l’una sull’altra producendo risonanze incalzanti e irripetibili. Irripetibile è l’accento rumeno con il quale il poeta nutre i suoni francesi che ci accompagnano nel viaggio. Irripetibile è la forza creativa che guida la scelta di ogni sostantivo, verbo o articolo utilizzato nel quadro di sonorità dipinto dalla sua voce. 


1988. L’uomo dall’accento bizzarro ha 65 anni. Alle sue spalle ci sono anni di esilio, di fuga, di attesa. Ci sono anche gli incontri con i gruppi surrealisti e dadaisti, le amicizie con Max Ernst, Paul Celan, Jean Arp e André Breton. Alle sue spalle c’è anche il suo vero nome, abbandonato per abitarne uno più aderente perché frutto di una creazione e non di un’eredità. Dal 1952 Parigi è la sua casa e il francese ospita le sue poesie. Le sue parole però, attorcigliate l’una nell’altra in vortici tortuosi, non smetteranno mai di avere il suono materno della sua lingua natale.

Nel francese, Gherasim Luca trova l’energia creatrice di sensi e suoni nuovi. La lingua che lo accoglie si fa modellare come materia plastica: come argilla fresca si lascia attribuire una forma nuova e come argilla secca si frantuma in migliaia di note balbettanti. 

Se l’amico rumeno Paul Celan in una lettera alla fidanzata Ruth Lackner diceva che ‘’solo nella lingua materna si può esprimere la propria verità’’ perché ‘’nella lingua straniera il poeta mente’’, Gherasim Luca trova se stesso proprio nell’abbandono della lingua materna e nella creazione di un linguaggio inedito, che si capovolge su stesso una capriola dopo l’altra. “Balbettare’’ – dirà Gilles Deleuze parlando dei testi del poeta rumeno – ‘’in genere, è un disturbo della parola. Ma far balbettare il linguaggio è un’altra cosa. Significa imporre alla lingua, a tutti gli elementi interni della lingua, fonologici, sintattici, semantici, il lavorio della variazione continua”.

Nel confondere verbo e sostantivo, nel far rimbalzare senso e fonemi, nello smembrare le parole per produrre ritmi spezzati, si fa però anche la partita del poeta con la sua stessa esistenza. Scegliendo e creando un proprio linguaggio attraverso il gioco poetico, Gherasim Luca si attribuisce una forma che scavalca quella della sua storia e che si staglia in un orizzonte di creazione costante. La poesia e il suo autore diventano inafferrabili. Così, nel limite estremo del linguaggio, il poeta produce la propria libertà e celebra allo stesso tempo la morte e la nuova vita delle parole, che vengono sottratte al loro scopo e trasformate in musica:

‘’la manière de

la manière de ma de maman

la manière de maman de s’asseoir

sa manie de s’asseoir sans moi

sa manie de soie sa manière de oie

oie oie oie le soir

de s’asseoir le soir sans moi’’

‘la maniera di 

la maniera di mia di mamma

la maniera di mamma di sedersi 

la sua abitudine di stare seduta senza di me

la mania sua di seta la maniera sua da qua-qua

qua-qua-qua di sera

di sedersi di sera senza me”

Ma l’esperienza di Gherasim Luca non si conclude nella creazione poetica, che pur ha fatto di lui quello che Deleuze ha definito ‘’il più grande poeta della lingua francese’’. 

La dispersione del senso e la sua frammentazione avvolgono tutta l’esperienza creativa dell’artista fino a raggiungere anche il suo rapporto con l’immagine. 

Le figure, un tempo riconoscibili, nei suoi lavori si frantumano e vanno a formare un codice nuovo, che confonde, che sfugge alla comprensione e che, anche qui, si spezza e si ricompone.

Ancora una volta, l’artista si appropria di un linguaggio solo per poterlo dissacrare e ribaltare, per prelevare degli elementi dalla loro fila ordinata e attribuirgli, mescolati e scomposti, a un ritmo nuovo. 

Dal colore al suono, Gherasim Luca è capace di sfuggire all’ordine del senso grazie all’immenso paradosso di uscire dal confine del linguaggio, senza mai uscirne davvero.  

Balbetta l’immagine, balbetta il testo, balbetta la voce del poeta sullo sfondo bianco. 

Jessica Eterno

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