IL PACIFISMO ANIMATO DI HAYAO MIYAZAKI
Durante l’estate in Italia è stato possibile rivedere su grande schermo cinque lungometraggi di Hayao Miyazaki, felicemente riproposti dal distributore Lucky Red con il titolo Una rassegna di sogni animati.
Intanto in Giappone a metà luglio è arrivato nelle sale il suo nuovo e misteriosissimo film (nessun trailer esplicito, nessuna anticipazione), che sembra inizi con la sequenza di un bombardamento su Tokyo durante la Seconda Guerra Mondiale.
Hayao Miyazaki, oggi ottantaduenne, è un disegnatore, sceneggiatore, regista e produttore fondamentale di film di animazione, già premio Oscar con La città incantata nel 2003, fondatore dello Studio Ghibli, nonché punto di riferimento costante per spettatori e creativi del disegno animato.
La sua produzione artistica poggia su una poetica visiva inconfondibile, di rara eleganza e raffinatezza. Qui ci interessa evidenziare come alla base di essa sia presente un “desiderio pacifista”, che ritorna in molti suoi lavori ed è figlio della sua storia.
Miyzaki nasce durante il Secondo Conflitto Mondiale e cresce nel Giappone post bellico, occupato dalle truppe statunitensi e dotato dai vincitori di una nuova Costituzione di stampo pacifista, per farlo uscire definitivamente dal fascismo nipponico e collocarlo nella sfera di influenza occidentale.
L’articolo 9 della nuova Carta è inequivocabile: “Aspirando sinceramente a una pace internazionale fondata sulla giustizia e sull’ordine, il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra, in quanto diritto sovrano della nazione, e alla minaccia o all’uso della forza come mezzo per regolare i conflitti internazionali. Per raggiungere lo scopo […] non saranno mai mantenute forze terrestri, navali ed aeree o altro potenziale bellico. Il diritto di belligeranza dello stato non sarà riconosciuto”.
Nonostante il pacifismo sia in buona parte imposto, esso si radicherà con convinzione, a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, nelle coscienze di molti giovani che avevano assistito da bambini alla distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki.
In questo contesto lo stesso Miyazaki diventerà uno studente impegnato nel Sessantotto giapponese e un contestatore dei conflitti bellici del dopoguerra in Corea e Vietnam, sulla base di valori pacifisti e antimilitaristi.
Nonostante il fatto che una gran parte dei movimenti studenteschi si sia progressivamente votato a prassi terroristiche, tradendo i principi nonviolenti ispiratori della protesta (ma non è il caso del nostro), il pacifismo resisterà nell’immaginario collettivo nipponico, divenendo un elemento politico portante e influenzando anche la poetica di Miyazaki.
I lavori dell’autore rifletteranno spesso sull’inutilità della guerra e sulla necessità di una pace universale. Già pensando alla sua iniziale produzione per la televisione, troviamo un esempio calzante in Conan il ragazzo del futuro (26 episodi del 1978). Il protagonista di quella che oggi sarebbe una serie, abita un mondo inospitale del 2028 post apocalittico, distrutto e semi inabissato a causa degli ordigni di una recente guerra elettromagnetica.
La storia rappresenta bene le inquietudini e le speranze post belliche, le prime legate all’uso della violenza e delle armi che non cessa, le seconde associate alle immagini di una natura feconda.
Tra le insidie di un mondo non ancora pacificato dove operano forti volontà di guerreggiare, Conan e la sua amica Lana possono ricominciare a vivere bene, imparando dagli errori delle precedenti generazioni, proprio come credevano i giovani contestatori alla fine degli anni Sessanta.
Emergono già in Conan alcuni nuclei tematici ricorrenti della sua opera: l’ambientalismo, l’antimilitarismo, il volo come ricerca di serena leggerezza e l’ottimismo dei bambini, vere e proprie icone del futuro, che con una necessaria ingenuità curano il disincanto dello spettatore adulto e invitano gli spettatori più piccoli a essere il cambiamento nel mondo.
Anche nel 2013 con Si alza il vento – quello che sembrava dovesse essere il suo ultimo film fino a qualche giorni fa, visto l’annunciato ritiro dalle scene – al culmine degli anni in cui in Giappone veniva messa in discussione la caratterizzazione costituzionale pacifista dell’articolo 9, Miyazaki ritorna su tematiche affini.
Troviamo qui un protagonista che è al tempo stesso un pragmatico ingegnere e uno strenuo sognatore. Jiro sogna di diventare un pilota ma non può a causa di una forte miopia. Sarà allora un talentuoso progettista di aeroplani, con il sogno di sfidare la realtà per farli volare. Tratto in parte dalla biografia di Jiro Hirokoshi (o meglio Hirokoshi Jiro per dirla come farebbero a Tokyo), che fu l’ideatore di storici velivoli Mitsubishi.
L’inventore scoprirà la verità del suo sogno inglobato nella realtà del tempo, che renderà la sua creatura aerea A6M, il mezzo di morte utilizzato dai kamikaze giapponesi nel Secondo Conflitto Mondiale, trasformando una visione di libertà e progresso in uno strumento terribile a fini militari.
Nonostante il suo sguardo, 35 anni dopo Conan, si carichi di maggiore amarezza e nostalgia, le convinzioni sulla necessità della pace per garantire equilibrio e sviluppo armonico degli esseri umani è sempre forte e diventa un tema complesso presentato in maniera più efficace tra i chiaroscuri umani.
In produzioni precedenti, Miyazaki aveva introdotto elementi complementari ad arricchire il suo discorso. Ad esempio la questione del male che prende il sopravvento a causa dell’avidità del potere e che ha come conseguenza letale la distruzione ambientale portata dagli ordigni atomici, è un motivo portante del lungometraggio per il cinema Nausikaa nella valle del vento del 1984.
Sulla stessa scia, nel film successivo Laputa – Il castello nel cielo del 1986, i giovanissimi protagonisti sono impegnati a lottare contro un potere assoluto che ha una pretesa predatoria sulla natura, sulla bellezza, attraverso una cieca ottusità militarista. Il potere non gode del bello del mondo, ricercando una pacifica armonia col pianeta, ma tutto sacrifica, tutto possiede e tutto distrugge per alimentare sé stesso. La guerra, la morte e la solitudine sono alla fine le reali conquiste della volontà di potere.
Conan, Nausikaa e Laputa possono essere ritenuti “una vera e propria trilogia sull’amore come arma per combattere le derive estreme del militarismo”.
Per completare un excursus minimo sul desiderio pacifista in Miyazaki, vogliamo citare almeno altri due lavori.
Porco Rosso del 1992, con il protagonista Marco Pagot, aviatore italiano reduce della Prima Guerra Mondiale che non crede più all’essere umano e vive chiuso in sé stesso fino a rinunciare alla sua fisionomia e assumere quella di un maiale. La guerra e le sue conseguenze profonde e durature ne hanno impoverito gli aspetti vitali e il contesto di riferimento che vive l’Italia fascista degli anni Trenta del Novecento, lo aggrava ancora di più. Qui il discorso progressivamente antimilitarista assume le sembianze anche dell’obiezione di coscienza con una sequenza dove avviene un rifiuto a sparare. Un incontro con una giovanissima amica, una meccanica di nome Fio, offrirà al protagonista una traccia di speranza.
Mentre nel Castello errante di Howl del 2004, è chiaro come la guerra corrompa anche chi combatte dalla parte teoricamente giusta della barricata. In un contesto favolistico europeo d’epoca, il bombardamento finale assume dei tratti realistici forti che ricordano da vicino (come sembra avverrà anche nel nuovo film in uscita) le vere esplosioni sul Giappone dell’infanzia dell’autore.
L’arte di Miyazaki non è mai pedagogica e non fornisce risposte nonostante le istanze di cui è portatrice. Aspira alla leggerezza e costruisce mondi complessi mescolati di bene e male, dotati di senso. Racconta storie, disegna magistralmente emozioni e aspira a un divertimento denso dello spettatore.
Ma in qualche modo, anche per gli aspetti che abbiamo tentato di isolare e dire qui, vedere i film del maestro giapponese è un modo possibile per costruire una formazione sentimentale da spettatore e da essere umano, lasciandosi interrogare da alcuni valori etici e politici.
Un tratto ricorrente dei suoi lavori è la fiducia in Miyazaki per tutti i personaggi giovani e giovanissimi delle sue storie, spesso femminili. Sono sempre loro che apportano in modi originali, con il loro fare e il loro essere, la fiducia nel futuro nonostante il mondo oggettivamente difficile, insegnando anche agli adulti l’impegnativa arte della speranza nell’impegno.
P. S. Per quanto appassionato spettatore dei film di Miyazaki non avrei potuto rimettere in fila film e idee senza l’interessante rilettura della raccolta I mondi di Miyazaki. Percorsi filosofici negli universi dell’artista giapponese a cura di Matteo Boscarol (Mimesis, 2016), con particolare riferimento al saggio Il pacifismo utopico di Miyazaki di Andrea Fontana, da cui ho tratto i virgolettati citati nell’articolo.
di Fabrizio Ferraro
CONAN RAGAZZO DEL FUTURO, la speranza in un mondo post apocalittico
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