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Escursione tossica – Toxic Tour. Un inferno in mezzo al paradiso chiamato Amazzonia

29 Aprile 2024
Escursione tossica – Toxic Tour. Un inferno in mezzo al paradiso chiamato Amazzonia

Da sempre l’Amazzonia è conosciuta ai più come la foresta pluviale più grande al mondo, patrimonio di valore inestimabile da proteggere e preservare. Questa però è solo una delle tante narrative riguardanti queste aree. Purtroppo non tutti conoscono molte delle vicende legate all’attività petrolifera che da anni si perpetua in questi territori che dovrebbero rimanere incontaminati. 

Una parte del gruppo dei Corpi Civili di Pace di Lago Agrio e di El Coca ha partecipato al Toxic Tour, un’“escursione” che ci ha permesso di scoprire, infelicemente, alcuni dei tanti luoghi che la compagnia Texaco (oggi Chevron) ha deturpato attraverso l’estrazione petrolifera, causando danni incalcolabili all’ambiente e alle comunità che da sempre vivono nella regione dell’Amazzonia nord ecuadoriana. 

La compagnia ha iniziato le proprie attività estrattive all’interno in questa regione nel 1964 terminando nel 1990, e proprio a Novembre 2023 sono stati commemorati 30 anni dall’avvio del caso giudiziario Aguinda vs. Chevron, iniziato nel 1993. Il caso è tuttora in corso, nonostante le comunità indigene e rurali abbiano vinto la causa davanti alla Corte Costituzionale Ecuadoriana nel 2018, condannando l’impresa petrolifera a pagare 9,5 Miliardi di USD di riparazione per i danni causati agli abitanti delle regioni di Sucumbíos e Orellana. L’impresa, nonostante numerose evidenze, si oppone tutt’oggi al giudizio, non riconoscendone la sentenza emessa in territorio nazionale dai giudici, ed è inoltre passata alla controffensiva nel 2009, denunciando lo Stato ecuadoriano per la violazione del trattato bilaterale degli investimenti e per danni morali. 

Questa vicenda, ha permesso la nascita di diverse realtà territoriali volte alla difesa e alla lotta dei diritti umani e la salvaguardia di questi territori. Tra queste, troviamo UDAPT (Unión de Afectados por Texaco), nata nel 1993. Infatti, il toxic tour è stato guidato dal coordinatore esecutivo Donald Moncayo, che oltre a visitare insieme a noi alcuni dei luoghi ci ha magistralmente illustrato la storia che ha caratterizzato le province di Sucumbíos e Orellana a partire dalla fine degli anni ‘60.

La prima tappa ci ha portato al condotto di reiniezione di acque di scarto, la quale durante l’epoca Texaco era un pozzo petrolifero (denominato Lago-20), che è stato in seguito riadattato dalla compagnia Petroecuador come meccanismo di reiniezione del liquido contaminato, prodotto secondario dell’estrazione petrolifera. Un rubinetto posto ad un lato del macchinario ci ha permesso di estrarre un campione d’acqua di colore grigiastro di cui l’odore era molto simile a quello della plastilina.

Una grande strada costeggiata da un oleodotto lungo 495 km, che trasporta il petrolio dalla foresta amazzonica fino alla costa di Esmeraldas dove è collocata una raffineria, ci ha condotti alla seconda tappa di questo tour: una piscina di petrolio ricoperta di terra in seguito a lavori di ‘riparazione’ dall’impresa Chevron. Scavando una piccola fossa molto superficiale con una semplice pala, Donald ha tirato fuori della terra perfettamente amalgamata al petrolio, riconoscibile dal colore nero della sostanza. L’odore di benzina che emanava il suolo contaminato è una prova schiacciante del danno ambientale causato, totalmente in forte contrasto rispetto alla vista della foresta circostante ricca di vegetazione.

Queste foto mostrano una delle cosiddette ‘riparazioni ambientali’ che la compagnia mise in atto, dopo aver perso il giudizio legato alla contaminazione prodotta fino agli anni ’90. Secondo quanto affermato da Chevron, dei 880 pozzi scavati, sarebbero stati riparati i danni unicamente del 30% dei pozzi, semplicemente coprendoli con della terra. Fino ad oggi però, non solo sono stati ricoperti solo 162 pozzi, una cifra che corrisponde a un misero 18,4%, ma la riparazione è da considerarsi assolutamente inadeguata, un’azione puramente scenografica attuata per coprire le tracce del crimine commesso.

Alcune delle piscine non bonificate da Texaco inoltre non sono mai state ricoperte, e rimangono tutt’oggi enormi paludi di petrolio mescolate ad acqua, fango e vegetazione. In queste piscine il petrolio è estremamente denso, e la loro presenza ha causato la morte di centinaia di animali che sono caduti e annegati, dei quali le popolazioni presenti nel territorio si sono cibate ed in seguito ammalate. Infatti dall’arrivo della compagnia petrolifera sul territorio, secondo una relazione di esperti, circa 2.800 persone sono decedute per via di malattie oncologiche dovute alla contaminazione del suolo, dell’acqua e degli animali destinati all’alimentazione. 

Proseguendo, il tour si è concluso con la ‘visita’ ai mecheros, grandi camini attraverso i quali si brucia il gas che esce quando si estrae petrolio. Questi grandi camini che si stagliano verso il cielo, circondati dalla vegetazione amazzonica, non passano sicuramente inosservati. Intorno, oltre alla magnificenza della natura abbiamo trovato tantissimi animali uccisi dall’eccessivo calore della fiamma e dal gas tossico.

Questa visione così forte ci pone davanti un quesito fondamentale: com’è possibile che all’interno del ‘polmone verde’ più importante al mondo possa forzatamente coesistere una simile realtà? 

Probabilmente troviamo la risposta nella creazione di tour inusuali come questo, volti a mostrare l’altra faccia della medaglia, nelle azioni di chi lotta giornalmente affinché questi territori martoriati vengano liberati dai costanti soprusi del capitalismo, nella forza motrice del cambiamento e del riscatto della natura, che alla fine di tutto, trionfa e prepotentemente si riprende i propri spazi. 

Per la redazione

Giulia Mallo e Mathilde Knöfel

Operatrici dei CCP in servizio con CESC Project e Gondwana

Servizio realizzato con Donald Moncayo Jimenez, membro dell’UDAPT, in Ecuador, nella regione di Sucumbìos, a giugno 2017.

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